Incanto

 

«Finché ci sarà l’autunno non avrò abbastanza mani, tele e colori

per dipingere la bellezza che vedo».

Vincent Willem Van Gogh,

pittore olandese post–impressionista,

(Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers–sur–Oise, 29 luglio 1890).

 

Questa mattina ho fatto una lunga passeggiata nel bosco comunale di Bucito1, noto per essere uno dei luoghi di rifugio dei briganti del Vulture2, insorti dopo l’Unità d’Italia3.

 

Ho percorso diversi sentieri, pianeggianti e scoscesi, inerpicandomi in una prospettiva infinita. Ho percepito le diverse varietà olfattive d’autunno, inebriandomi del profumo misto di terra e muffa, foglie bagnate, muschio, funghi, ghiande, castagne, sottobosco, ecc, resi più intensi da pioggerelline, umidità e temperature improvvisamente rigide, unite a venti modesti dei giorni scorsi.

 

Ho visto con una danza elegante le foglie posarsi a terra, in un’oasi di solenne pace silente interrotta, di rado, dal canto di qualche uccello o da sussurri, quasi melodiosi, di una brezza leggera che ondeggia i rami d’albero.

 

Ho notato nella fitta trama d’arbusti, dopo il cielo plumbeo dei giorni scorsi, insinuarsi trasversalmente i raggi del sole che, con la loro luce, evidenziano ogni singola tonalità di foglie che, in autunno, esprimono il loro concetto di massima bellezza.

 

Mi sono reso conto, così, d’essere abbracciato da un tripudio di caldi e vividi colori, sublimemente esibiti dall’esultanza festosa della natura.

 

Ho constatato, infatti, che in pochi giorni, quasi senza accorgermene e come per incanto, il colore delle chiome d’albero dal verde brillante si trasforma in giallo, poi senape, arancio, rosso, marrone e bordeaux, in un contrasto armonico nel divenire della stagione autunnale.

 

Un amico biologo mi spiega che questa varietà di sfumature è dovuta ad un complesso meccanismo in cui la clorofilla consente agli altri pigmenti di proteggere l’albero nei mesi invernali.

 

È proprio vero quanto lo scrittore francese Albert Camus4 suggerisce: «L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore».

 

È sempre un’esperienza molto gratificante poter contemplare gli straordinari spettacoli che, costantemente, ci dona la natura, meravigliandoci con lo splendore che cela finanche nei dettagli più nascosti.

 

Mi sono particolarmente soffermato ad ammirare un nido d’uccello abbandonato e in dissoluzione, posto in cima a un grande albero, ormai, quasi privo di foglie.

 

Ho apprezzato con stupore, ancora una volta, l’abile artifizio, premura e raffinatezza, con cui accuratamente il nido è realizzato dal volatile, di cui ignoro la specie, mediante un lungo e paziente lavoro condotto con svariati voli, km percorsi e battute di becco:

intrecci di ramoscelli secchi, erba e foglie, forma circolare, simbolo di perfezione e protezione, lo rendono un autentico capolavoro d’abilità ingegneristica ed equilibrismo.

 

Gli uccelli confezionano i nidi durante il periodo riproduttivo per offrire rifugio all’imminente cova delle uova, alla loro schiusa e riparare da avversità climatiche e da predatori i pulcini, aumentando la possibilità che sopravvivano fino a diventare autonomi: ciò è frutto dell’arguta maestria per la conquista della vita.

 

Di solito è l’uccello femmina che assume la responsabilità di costruire il nido ma, in alcuni, casi alla sua preparazione partecipa anche il maschio.

 

Gli uccelli maturi, eccetto qualche rara eccezione, non utilizzano il nido per dormire, né per ripararsi dal freddo, tranne che nella fase di riproduzione.

 

Ho ricordato, in questo stato sublime d’animo, i nidi di rondine ubicati sul muro del palazzo in cui abito, sistemati al riparo sotto la falda del tetto, realizzati unendo paglia e fango e resi accoglienti con le piume, per custodire le uova al caldo e garantire il benessere ai nidiacei.

 

I nidi dei volatili, insomma, sono sorprendenti, affascinanti e arte creativa;

sono una sorte di grembo materno, luogo prenatale e d’incontro, rifugio e sicurezza, protezione e pace.

 

Ho subito pensato a un versetto della Bibbia: «Anche il passero trova una casa / e la rondine il nido / dove porre i suoi piccoli, / presso i tuoi altari, / Signore degli eserciti, / mio re e mio Dio» (Sal 84,4).

 

Ho anche rimembrato i diversi nidi dipinti nelle nature morte del celebre artista olandese Vincent Willem Van Gogh, pittore post–impressionista studiato all’Istituto Statale d’Arte, e i versi del poeta decadentista italiano Giovanni Pascoli5, riletti pochi giorni fa, scritti in L’uccellino del freddo: «Nido verde6 tra foglie morte, / che fanno, ad un soffio più forte… / trr trr trr terit tirit...».

 

Quel nido in rovina nel bosco naturale di Bucito, mirabilmente, ha terminato la sua nobile e dolce funzione mostrandoci che la grandezza risiede nella piccolezza, nell’umiltà, in ciò che è poco appariscente e non attira l’attenzione di massa, ma sprigiona e irradia una forza immensa di vita: l’amore sontuoso, intenso e incondizionato.

 

Impariamo, quindi, dalla saggezza eterna della natura, vivendo di bellezza, estro e libertà, ponendo in disparte eccessi, ostentazione e, persino, demagogia, nel frastuono del nulla che ci circonda.

 

Ruvo del Monte, 19 novembre 2024.

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1 Il bosco comunale di Bucito è situato nel territorio di Ruvo del Monte, in provincia di Potenza; rientra, in parte, nel Parco Naturale Regionale del Vulture, istituito con la Legge Regionale 20 novembre 2017, n. 28 e successive modifiche e integrazioni e pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 46 del 21 novembre 2017.

2 Le bande dei briganti lucani sono composte, principalmente, da persone d’umile estrazione sociale come i contadini ed ex soldati dell’esercito delle Due Sicilie, ex garibaldini e banditi comuni. Uno dei capi lucani più noti è Carmine Crocco, detto Donatelli o Donatello, di Rionero in Vulture, in provincia di Potenza, affiancato dai luogotenenti Giuseppe Caruso, detto zì Peppe, dAtella, in provincia di Potenza, e Giuseppe Nicola Summa, detto Ninco Nanco, dAvigliano, in provincia di Potenza; le brigantesse lucane più note sono Maria Giovanna Tito, detta Iena, amante di Carmine Crocco, ed Elisabetta Blasucci, detta Pignatara, entrambe di Ruvo del Monte; quest’ultima, per vendicare l’omicidio del marito, diviene l’amante del brigante minore Giovanni Rubertone, detto Re vecchio, sempre di Ruvo del Monte.

3 L’Unità d’Italia, ossia il Regno d’Italia, è proclamata il 17 marzo 1861 a Torino; Alberto Mario Banti, Storia contemporanea, Donzelli Editore, 1997, pag. 139.

4 Albert Camus, (Mondovi, 7 novembre 1913 – Villeblevin, 4 gennaio 1960) è uno scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo, giornalista e attivista politico francese.

5 Giovanni Pascoli, (San Mauro di Romagna fino al 1932, oggi San Mauro Pascoli, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), è un poeta decadentista e critico letterario italiano.

6 L’autore, nel verso poetico, cita il verde per indicare la fattura del nido d’uccello con il muschio.

 

 

Pubblicazione:

Martedì 19 novembre 2024, 18:45

 

 

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